HAIR The Tribal Love-Rock Musical - Teatro della Luna di Milano
HAIR
The Tribal Love-Rock Musical
Libretto e liriche di James Rado e Gerome Ragni
Musiche di Galt MacDermot
Originally Produced by the New York Shakespeare Festival Theater
Produced for the Broadway Stage by Michael Butler
Musiche di Galt MacDermot
Originally Produced by the New York Shakespeare Festival Theater
Produced for the Broadway Stage by Michael Butler
CAST ARTISTICO
Claude: Stefano
Limerutti
Berger: Gennaro
Pelliccia
Sheila: Vittoria
Brescia
Hud: David Marzi
Woof: Edoardo
Franchetto
Ronnie: Alice
Tombola
Jeanie: Sara Di
Fazio
Margaret Mead: Matteo
Minerva
Crissy: Elga
Martino
Walter: Paolo
Broscritto
Tribe: Claudia
Barelli, Matteo Cernuta, Valeria Citi, Luna Colavolpe, Valeria Della Valle,
Mattia Epifani, Giulia Ferraro, Matteo Francia, Francesca Galeazzi, Fabio
Lorenzatti, Mitsio Paladino Florio, Monica Patino, Giampaolo Picucci, Gabriele
Pierani, Silvia Pieroni, Cristiana Pigazzi, Dario Scaturro, Sara Sironi,
Claudia Urselli, Marco Valentino, Silvia Vena
Regia,
Scena e Costumi: Simone Nardini
Musical Supervisor: Stephen Alexander Lloyd
Musical Supervisor: Stephen Alexander Lloyd
Direzione
Musicale: Eleonora Beddini
Direzione
Canora: Pasquale Girone Malafronte
Supervisione
alla Direzione Canora: Eleonora Mosca
Coreografie:
Valentina Bordi
Disegno Luci: Valerio Tiberi
Disegno Luci: Valerio Tiberi
Acting
Coach: Michele Savoia
Parrucche:
Mario Audello
Traduzione del libretto di Sandro Avanzo e Simone Nardini
Traduzione del libretto di Sandro Avanzo e Simone Nardini
DATE TOURNÉE
Dal 3 al 6
ottobre MILANO TEATRO DELLA LUNA
18 e 19 ottobre
LUGANO (SVIZZERA) TEATRO LAC
22 ottobre BOLZANO TEATRO COMUNALE
16 e 17 novembre
BARI TEATRO TEAM
29 e 30 novembre
TORINO TEATRO ALFIERI
UN GRIDO UNIVERSALE
DI PACE, MUSICA, AMORE
PER RI-VIVERE
UN’EPOCA MAI TRAMONTATA
HAIR Il Musical apre la stagione 2019/2020 del Teatro della Luna dal 3 al
6 ottobre
“The
first Broadway musical in some time to have
the
authentic voice of today rather than the day before yesterday”
(Clive Barnes, critico del New York Times)
“Today
Hair seems, if anything, more daring than ever.”
(Time,
2008)
Non sembrano passati 40 anni dall’uscita del film (in Italia il 16 maggio 1979) diretto da
Miloš Forman, né oltre 50 dal
debutto a Broadway. Oggi, più di allora, le parole di Clive Barnes, critico
del New York Times, descrivono alla perfezione la carica rivoluzionaria di HAIR, il primo musical con “l’autentica
voce di oggi, invece di quella dell’altro ieri”. L’Era dell’Acquario
sta per tornare, e quest’autunno si respirerà aria di amore e libertà sui
palcoscenici italiani.
Scatenato, coloratissimo, emozionante,
controcorrente, quella di HAIR, The
Tribal Love Rock Musical, creato nel 1967 da James Rado e Gerome Ragni -
autori rispettivamente del libretto e delle liriche - e da Galt MacDermot, autore delle musiche, è
una storia senza tempo, capace di riaccendere la nostalgia in coloro che hanno
vissuto il ’68 e ricordano il dramma della guerra in Vietnam, ma al tempo
stesso di far sentire i più giovani parte della tribù dell’amore, della
felicità e della libertà.
Oggi come allora, ovunque ci sia guerra,
discriminazione razziale e intolleranza, si può rispondere con un grido di
pace, un messaggio universale che attraversa la storia e le generazioni.
HAIR Il Musical, oggi come
cinquant’anni fa, dà voce in modo trasgressivo e provocatorio, ma proprio per
questo ancora più profondamente coinvolgente, a un intero movimento culturale e
sociale: una tribù, dai capelli selvaggi, è protagonista sul palcoscenico e si
scatena, accompagnata dall’orchestra dal vivo, al ritmo di famosissime canzoni
come “Aquarius”, “Hair” e “I Got Life”.
Il regista
Simone Nardini sottolinea come “oggi, come
allora, esistono ancora tanti Vietnam… e tanti giovani con la voglia di
liberarsi dalla schiavitù commerciale della Società. Hair, spettacolo cult fine
anni '60, è più che mai l’ideale manifesto delle nuove generazioni che cantano
l’alba dell’era dell’Acquario. Il mio tributo vuole rendere omaggio
all’opera-rock simbolo del pensiero “hippie”. In quegli anni si formavano
gruppi di ragazzi e ragazze che trascorrevano il tempo senza inibizioni e
accompagnavano la protesta contro le sofferenze della guerra con il grido di
“Sesso, droga e Rock'n'Roll”. Hair, the
tribal love-rock musical, con il suo folto cast, le musiche eseguite dal vivo,
le coinvolgenti coreografie, il libretto in italiano ma le canzoni in lingua
originale e la trasgressione irriverente dei sui contenuti, coinvolgerà ancora
le platee dopo oltre 50 anni dal suo debutto a Broadway”.
HAIR Il
Musical apre la stagione del Teatro
della Luna di Milano in anteprima nazionale, con quattro serate
(3-6 ottobre 2019, biglietti Ticketone.it) che arrivano esattamente
cinquant’anni dopo la prima rappresentazione italiana del musical al Sistina di
Roma, dove i giovanissimi Renato Zero, Loredana Bertè e Teo Teocoli, con la
regia di Victor Spinetti e l’adattamento dei testi di Giuseppe Patroni Griffi, portarono
il rock, un cast multietnico ed il primo nudo in scena nel tempio dei musical
più classici, per un grande e contestato successo.
Cosa c’è di tanto attuale ancora oggi in questo
musical che debuttò nel 1968 a Broadway?
La celebre storia di amicizia, amore libero e
pacifismo, ancora oggi simbolo della controcultura hippie, porta messaggi di
straordinaria attualità: fratellanza, multiculturalità, libertà, come desiderio
di spogliarsi di tutto (come nella scena di nudo di fine primo atto), ambientalismo,
lotta alle differenze sociali e sessuali e impegno civile sono alcuni dei temi
che ancora oggi risvegliano la coscienza dei “nostri” giovani.
SINOSSI
1° ATTO
La Tribe si
riunisce a Central Park, New York. Chiede amore, libertà e una convivenza
pacifica tra le persone. Questi giovani nutrono grandi speranze nella nuova Era
dell’Acquario: un’era di armonia, speranza, libertà e amore alla quale Ronny
dedica “Acquarius”, quale rito d’iniziazione per l’arrivo di un nuovo membro
nella Tribe. Berger, leader della Tribe, intona “Hashish”, un inno alle droghe,
Woof si presenta attaccando la pudicizia della società americana e invita ad
unirsi all’orgia (“Sodomy”). Hud, l’afroamericano del gruppo, si introduce con
la canzone “Colored Spade” che tematizza l’odio raziale dell’America bianca.
Viene accolto dalla Tribe Claude con la sua canzone “Manchester, England”.
Claude sente di essere destinato a qualcosa di più grande, mentre il resto
della Tribe risponde nei toni della filosofia hippie (“Ain’t Got No”): non
possiedono niente ma sono felici proprio per questo. Sheila, studentessa e
attivista innamorata di Berger e fervente divulgatrice della rivoluzione Flower
Power, diffonde con “I Believe In Love” un messaggio d’amore. La Tribe prende
una posizione contraria alla guerra in Vietnam con la protesta “Ain’t Got No
Grass”. Appaiono Jeanie, Dionne e Crissy che cantano l’ironica “Air”, canzone
che richiama l’attenzione sul pericolo che deriva dall’inquinamento ambientale
e dalle armi chimiche. Jeanie è incinta ma non sa chi sia il padre ed è
innamorata di Claude che non ricambia il sentimento. L’arrivo della cartolina
di leva pone Claude di fronte a una decisione molto importante: rimanere nella
Tribe o arruolarsi? I suoi genitori temono che non avrà un futuro se continua a
vivere per strada. Così canta “I Got Life” dove esplicita di avere tutto ciò
che necessita semplicemente perché è vivo. Berger arriva con una novità: è
stato espulso dall’odiata scuola (“Going Down”). Claude comunica di essere
stato alla visita di leva e chiede disperato un consiglio su come evitare
l’arruolamento. Sopraggiungono Margaret Mead ed il marito Hubert che esaminano
incuriositi, il modo di vivere degli hippie. Claude e Berger rispondono con
Hair. Margaret è entusiasta del loro senso di libertà e dedica loro la canzone
“My Conviction”. Sheila torna da una manifestazione di protesta a Washington
interrotta dalla polizia con manganelli e maschere antigas. E’ illesa e felice
di rivedere Berger a cui ha portato in regalo una camicia gialla. Sheila è
delusa perché sperava in un futuro con Berger, profondamente ferita canta che
pace e amore devono iniziare tra amici prima di poterli pretendere da altri
(“Easy To Be Hard”). La Tribe invita tutti ad un incontro tra hippie durante il
quale i ragazzi bruceranno le loro cartoline di leva. Mentre Jeanie pretende
che ci sia anche Claude, Crissy, la più giovane del gruppo, aspetta un ragazzo
di cui è innamorata anche se l’ha visto solo una volta (“Frank Mills”). Durante
l’incontro al parco i ragazzi bruciano le cartoline (“Hare Krishna”), Claude è
l’ultimo, nonostante la Tribe lo sproni, non riesce a vincere i propri dubbi e
salva la cartolina dalle fiamme. In “Where Do I Go” cerca disperato una
risposta alle sue domande e la strada giusta da seguire per mantenere la
propria dignità umana sentendosi libero di essere se stesso al di là del
giudizio altrui.
2° ATTO
La Tribe apre il
secondo atto con un brano rock contro la guerra (“Electric Blues”). E’ un
attacco contro i borghesi ottusi seduti a casa davanti alla televisione mentre
c’è gente che muore sul fronte. All’improvviso un blackout totale. Nessuno sa
dove sia andato a finire Claude. Claude torna dal centro reclutamento e
incontra la Tribe, dà in regalo un poster di Mick Jagger a Woof, che è un suo
grande fan, Le ragazze del gruppo discutono sui pro e i contro dei ragazzi
bianchi e neri (“Black Boys”, “White BCoys”). Berger, nel distribuire alla
Tribe degli spinelli, ne passa uno a Claude sperando che nel delirio delle
droghe trovi la risposta al suo dubbio. Le droghe iniziano a fare effetto
(“Walking In Space”) e parte il trip di Claude che descrive la sua paura della
guerra: vede se stesso in procinto di lanciarsi da un elicottero in Vietnam e
personaggi della guerra di secessione americana, il generale Grant (futuro 18°
presidente degli Stati Uniti d’America) incontra Abramo Lincoln, oppositore
della schiavitù e 16° presidente degli U.S.A. la cui nomina fece insorgere i
sudisti decretando l’inizio della guerra civile. Degli africani aggrediscono i
visi pallidi, Hud e i suoi amici cantano la fine della schiavitù dei neri
(“Abie, Baby”). Claude viene reclutato in guerra e ha paura di morire
(“Three-Five-Zero-Zero”), racconta il terrore della guerra in Vietnam. Il testo
di “What A Piece Of Work Is Man” è tratto dall’Amleto di Shakespeare ed è un
elogio all’uomo e a tutte le sue possibilità, la sua ragione, la sua nobiltà d’animo.
Nel delirio Claude riconosce che gli uomini hanno perso il senso per la
bellezza della vita e della pace da tempo (“How Dare They Try”). Finisce così
il suo trip. Improvvisamente Claude accetta di partire e la Tribe lo saluta con
“Good Morning Starshine”. E’ inverno e la Tribe minfesta davanti al centro di
reclutamento ma Claude non si presenta, è già stato reclutato in Vietnam (“The
Flesh Failure”). Il gruppo si sente impotente, dubita del destino e canta la
sua denuncia nei confronti della guerra (“Let The Sunshine In”). Chiede
all’umanità di aprire i cuori e le anime alla forza del sole e della vita,
perché c’è speranza se si lascia entrare l’amore nel cuore e ci si rispetta.
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