EBREI, UNA STORIA ITALIANA. I PRIMI MILLE ANNI

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Apre  a Ferrara il 
MUSEO NAZIONALE DELL’EBRAISMO ITALIANO E DELLA SHOAH 
 e la mostra
EBREI, UNA STORIA ITALIANA. I PRIMI MILLE ANNI
a cura di Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla

Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS, inaugurato ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, apre da oggi, e fino al 16 settembre 2018, al pubblico con la mostra inaugurale “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” (catalogo Electa) a cura di Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, e realizzata con il sostegno del main partner Intesa Sanpaolo.
 
"Un capolavoro di integrazione e identità". Con queste parole, al termine della sua visita, il Capo dello Stato ha sintetizzato la vicenda degli ebrei italiani, dicendosi molto impressionato dalla realtà, ai più sconosciuta, che il percorso espositivo promosso dal MEIS illustra ai visitatori.
 
Nel proprio indirizzo di saluto, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, ha esordito ripercorrendo la genesi del Museo: "Nel 2003, con una proposta di legge firmata da tutti i capigruppo di maggioranza e di opposizione, e poi con voto unanime del Parlamento - evento raro e prezioso -, lo Stato italiano decise di istituire il MEIS per dare al paese un luogo che raccontasse la storia dell'ebraismo e della Shoah, idea nata da un confronto, qui a Ferrara, tra me, Vittorio Sgarbi e Alain Elkann. E proprio a Ferrara il MEIS doveva sorgere, perché la città è profondamente legata alla propria comunità ebraica, vanta una tradizione di apertura verso gli ebrei ed è tuttora, nell'immaginario collettivo, il luogo del "Giardino dei Finzi-Contini" e di Giorgio Bassani, che nel ghetto insegnava ai bambini espulsi dalle scuole con le leggi razziali e le cui spoglie sono ospitate in quel luogo magico e sospeso che è il cimitero ebraico. A Ferrara l'ebraismo si respira nelle strade, nelle pietre, nella cucina e ora al MEIS, con un racconto cronologico che accompagnerà l'intero progetto museale, integralmente finanziato dal MiBACT. E con il MEIS nasce un luogo importante per i ragazzi, per le scuole, e per tutte le persone che sanno molto poco della millenaria storia dell'ebraismo italiano e di quanto l'italia deve agli ebrei. Un luogo di grande attrazione internazionale e di conoscenza, che con l'educazione è l'antidoto più formidabile alla paura della diversità, dello straniero, di tutto ciò che sentiamo lontano da noi".
 
Come ha ricordato il Presidente del MEIS, Dario Disegni, con l'apertura del Museo, "l'ex-carcere di Ferrara, ristrutturato in modo impeccabile, da luogo di segregazione e di esclusione quale è stato per tutta la durata del Novecento, specie negli anni bui del fascismo, diventa centro di cultura, ricerca, didattica, confronto, dialogo e inclusione. La mostra - ha proseguito - prefigura la prima sezione del futuro MEIS e presenta, in un allestimento inedito a cura dello studio GTRF di Brescia, oltre duecento oggetti preziosi, per narrare il primo millennio di storia dell’ebraismo italiano, il suo radicamento e la sua espansione, e il processo di formazione della sua peculiare identità. Il MEIS verrà poi completato entro la fine del 2020, con la costruzione dei restanti edifici moderni, connotati da volumi che richiamano i cinque libri della Torà, dando così vita a un grande complesso museale e culturale".
 
Nello specifico di "Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni" si era addentrato Jalla in conferenza stampa, precisando che "abbiamo voluto ribaltare una regola dei musei tradizionali, quella di presentare degli oggetti contestualizzati. Qui, al centro, ci sono i contesti, mentre gli oggetti sono strumenti per ricostruirli, capirli e immaginarli. Come affermava Marc Bloch, la storia sono gli uomini nel tempo. E al MEIS le cose sono presenti non per essere solo ammirate ma per essere messe in comunicazione con quell’invisibile rappresentato dalle persone che le hanno fatte, viste, vissute, nella fattispecie gli ebrei. Il pubblico ne incontrerà tanti, con nome e cognome, e con i frammenti di storia che ciascuno di loro ha lasciato attraverso epigrafi e oggetti di vita quotidiana".
Il messaggio della mostra? "La nostra generazione - ha concluso Jalla - non ha più fiducia nella storia come maestra di vita, ma la vede semmai come esperienza che ci aiuta a riflettere e a porci degli interrogativi. Ecco, speriamo sia questo l'effetto che la mostra produrrà nel visitatore, oltre alla curiosità di saperne di più. Al fondo c’è la questione del rapporto tra le società maggioritarie e le minoranze. Il modello classico è duale: assimilazione ed eliminazione, che portano alla scomparsa delle minoranze. Invece al MEIS viene indicata una terza via: l’integrazione e la volontà ferma e costante di una minoranza di non farsi assimilare. Del resto, nella trama, nella missione del MEIS ci sono due valori: il riconoscimento dell’altro nella sua differenza e il rispetto reciproco. Non è la morale della mostra, ma ci auguriamo che questo sia il pensiero con cui il pubblico ne uscirà, partendo dal passato per riflettere sul presente".
 
Arricchisce il percorso espositivo l’installazione multimediale “Con gli occhi degli ebrei italiani”, a cura di Giovanni Carrada (autore di “Superquark”, responsabile del soggetto e della sceneggiatura) e di Simonetta Della Seta (Direttore del MEIS): duemiladuecento anni di storia e cultura italiana in ventiquattro minuti, visti e raccontati attraverso gli occhi degli ebrei.


 
Immagine: © Marco Caselli Nirmal
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Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS 
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