TEATRO CARCANO: QUALCUNO VOLO’ SUL NIDO DEL CUCULO dal 4 al 15 novembre

Qualcuno volò sul nido del cuculo
è il romanzo che Ken Kesey
pubblicò nel 1962 dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico
californiano; racconta, attraverso gli occhi di Randle Mc Murphy – uno sfacciato
delinquente che si finge matto per sfuggire alla galera – la vita dei pazienti
di un ospedale psichiatrico statunitense e il trattamento coercitivo che viene
loro riservato.
Nel 1971 Dale Wasserman ne realizzò, per Broadway, un
adattamento scenico, che costituì la base della sceneggiatura dell’omonimo film
di Miloŝ Forman, interpretato da Jack Nicholson ed entrato di diritto nella
storia del cinema.
Oggi, la drammaturgia di Wasserman torna il scena, rielaborata
dallo scrittore Maurizio de Giovanni che, senza tradirne la forza e la
sostanza visionaria, l’ha avvicinato a noi, cronologicamente e geograficamente.
Randle Mc Murphy diventa quindi Dario Danise e la sua storia e quella dei
suoi compagni si trasferiscono nel 1982, nell’Ospedale Psichiatrico di
Aversa. Alessandro Gassmann, con il suo talento registico
caratterizzato da un’inconfondibile cifra stilistica elegante e al tempo stesso
appassionata, firma una messinscena personalissima ma
fedele alle intenzioni dell’originale.
“La malattia, la
diversità, la coercizione, la privazione della libertà
– spiega Gassmann - sono temi che da sempre mi coinvolgono e che amo portare in
scena con i miei spettacoli. Dario (il mio McMurphy) è un ribelle
anticonformista che comprende subito la condizione alla quale sono sottoposti i
suoi compagni di ospedale, creature vulnerabili, passive e inerti. Da quel
momento si renderà paladino di una battaglia nei confronti di un sistema
repressivo, ingiusto, dannoso e crudele, affrontando così anche un suo
percorso interiore che si concluderà tragicamente ma riscatterà una vita fino ad
allora sregolata e inconcludente. Un testo che è una lezione d’impegno civile,
uno spietato atto d’accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati
all’interno dei manicomi ma anche, e soprattutto, una straordinaria metafora
sul rapporto tra individuo e Potere costituito, sui meccanismi
repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte di altri
uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e fa riflettere.”
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