A MILANO LA PRIMA PERSONALE DI MARCO BALIANI - TEATRO MENOTTI
TEATRO MENOTTI
Via Ciro Menotti 11, Milano - tel. 02 36592544 - biglietteria@tieffeteatro.it
28 gennaio| 9 febbraio
Produzione Marche Teatro e Casa degli Alfieri
FOCUS BALIANI
A MILANO LA PRIMA PERSONALE DI MARCO BALIANI
Dalla narrazione alla
post – narrazione
Il percorso di
ricerca teatrale di Marco Baliani
È
il Teatro Menotti di Milano ad ospitare la prima personale di Marco Baliani.
Dal 28 gennaio al 9 febbraio 2020, l’attore, autore e regista presenterà alcuni
degli spettacoli più significativi della sua carriera nell’ambito di una
rassegna che coniuga il repertorio di narrazione che lo ha reso celebre agli
spettacoli di post-narrazione che danno nuova forma al modo di raccontare di
Baliani. Padre del teatro di narrazione in Italia, Baliani ha sperimentato un
originale percorso di creazione che ha coniugato l’arte del racconto
all’interrogarsi – costante e necessario – sul tempo in cui viviamo.
“Penso ad un periodo
continuativo di giornate in cui mostrare attraverso spettacoli e altro il mio
originale percorso di creazione narrativa partendo dal Kohlhaas del 1989 fino al recente Una notte sbagliata. Ho messo in fila le tappe di questo percorso
attraverso una serie di spettacoli: Kohlhaas,
Corpo di Stato, Tracce, Trincea, Una notte sbagliata e anche Frollo, una fiaba per famiglie. In
questo modo penso si potrà comprendere cosa è stata ed è la mia poetica e le
forme che ha assunto nella ricerca teatrale.
Marco Baliani
Marco Baliani
28 gennaio ore 20.30
Produzione
Casa degli Alfieri
CORPO DI STATO
Il delitto Moro: una generazione divisa
Di e con Marco Baliani
Regia Maria Maglietta
Collaborazione drammaturgica Alessandra Rossi Ghiglione
Montaggio video Michele Buri
Ricerca iconografica Eugenio Barbera
Produttore esecutivo Maurizio Agostinetto
Direzione tecnica Massimo Colaianni
Chi ha
visto e ascoltato un’altra mia narrazione, il Kohlhaas tratto da Kleist, potrà
meglio comprendere le ragioni di questo Corpo di Stato e il filo che li lega,
poiché il tessuto è lo stesso: il rapporto conflittuale tra esigenza di rivolta
contro l’ingiustizia e assunzione del ruolo di giustiziere. Ma questa volta non
siamo nella Germania del 1500, ma nel nostro passato prossimo, solo vent’anni
fa. È sempre difficile raccontare qualcosa che ci è tanto vicino, specie se
quel qualcosa ha inciso profondamente sulle nostre esistenze e sulle nostre
scelte. La materia è ancora così pulsante e non dipanata dalla lontananza, che
si rischia allora di leggerla col senno di poi, filtrandola e mettendola a
distanza di sicurezza.
Ho
cercato allora di ritornare laggiù, in prima persona, ricordandomi di me in
quei giorni, trovando nelle mie esperienze di allora quelle “piccole storie”
che sole possono tentare di illuminare la Storia più grande. Ho ripercorso
momenti dolorosi senza perdere però le atmosfere di quegli anni, gli
entusiasmi, i paesaggi metropolitani, le contraddizioni.
Nei 55
giorni della prigionia di Moro ho raccontato di una lacerazione, di come il
tema della violenza rivoluzionaria abbia dovuto fare i conti con un corpo
prigioniero, e come questa immagine sia divenuta via via spartiacque per scelte
fino ad allora rimandate, abbia fatto nascere domande e conflitti interiori non
più risolvibili con slogan o con pratiche ideologiche. Ho raccontato le mie
storie, prima ancora che su un palco teatrale, davanti a una telecamera;
l’emozione della diretta televisiva è cosa diversa dall’eccitazione inquieta
con cui ogni volta entro in scena a narrare. Ora torno sulle tavole di legno a
me care, non devo più cercare l’occhio di una telecamera, ma gli occhi di
spettatori in carne e ossa; non sarò né personaggio né narratore esterno,
questa volta, ma io stesso narrante, un’esperienza nuova, una messa in gioco
del personale, una dichiarata visione soggettiva di quegli anni. Amici,
compagni, avversari, potranno avere i giusti motivi per non essere d’accordo o per
trovare identità, per quelli che non c’erano, i giovani d’oggi, sarà come
visitare un mondo che appare tanto lontano, quasi incredibile; spero che per
tutti, come è già accaduto dopo la trasmissione televisiva, scatterà il
desiderio di parlare, di contraddire con altri racconti: è un modo di uscire
allo scoperto, di raccontarsi agli altri, di rievocare quei tempi difficili e
densi. Quando si esce da momenti e tempi in cui la vita è stata pregna di
avvenimenti, quando il vivere è sembrato intenso anche nel dramma, dopo, col
tempo, ci si sente sempre un po’ stranieri, come reduci, testimoni di eventi
troppo densi per essere dipanati.
Il
narratore compie sempre questa sfida, straniero nel tempo cerca di vincere con
il racconto la vecchiezza che stende sulle cose del mondo un manto spesso di
oblio.
Marco
Baliani
29 gennaio ore 19.30
Produzione
Casa degli Alfieri
TRACCE
Di e con Marco Baliani
Dall’omonimo saggio di Ernst Bloch
Presento
questa mia ricerca teatrale con il termine “studio” non solo per me.
“Tracce” è un’opera non terminata ma pretenderebbe di mai terminare.
Provate
ad immaginare una scultura che in sé potrebbe evolversi in molte direzioni e
che continua invece a vivere come un abbozzo continuo, una traccia di
significati ancora da assumere, di immagini ancora da evocare. D’altronde la
traccia è ciò che di labile si lascia dietro, è un segno di scoperta, le tracce
raccontano sempre qualcosa.
Quando ho
letto Tracce di Bloch, che è all’origine di questa impresa, mi è
accaduto qualcosa del genere e allora mi sono detto: sarà possibile anche in
teatro creare una condizione di ascolto immaginativo, dove si possa, come dice
Bloch, “pensare affabulando”, dove le direzioni (anche formali, di linguaggi
usati) siano molteplici, aperte, non linearmente definibili?
Lo
stupore e l’incantamento, i due temi che mi hanno guidato, sono luoghi che
visito di sovente nel mio lavoro dell’attore o quando guido altri attori, sono
due sostanze profonde dell’atto teatrale. Vorrei presentare queste sostanze
attraverso una specie di mappa, di costellazioni narrative diverse, come un
ronzio multiforme di racconti, aneddoti, ricordi, poesie, digressioni,
riflessioni, domande.
Vorrei
alla fine che gli spettatori si alzassero forse sconcertati, dispersi, ma colmi
di altre memorie non dette, desiderosi di aggiungere altri racconti alla
collana, di completare non il mio lavoro ma il loro percorso all’interno della
mappa.
Marco
Baliani
30 gennaio ore 20.30
Produzione
Casa degli Alfieri
DEL CORAGGIO SILENZIOSO
Di e con Marco
Baliani
Collaborazione alla drammaturgia Ilenia Carrone
Di solito
si associa alla parola “coraggio”, un’azione eclatante, dettata da un’urgenza
impellente, un’azione che sfida la morte e se ne appropria, mostrando una
luminosa presenza dell’umano.
È il
coraggio “numinoso”, visibile, mostrato, che accade in condizioni estreme, e
che diviene poi epos, racconto, esempio. Ma c’è un altro tipo di coraggio,
silenzioso e non appariscente, ed è di questa declinazione della parola
Coraggio che questo spettacolo vuole dire. Il coraggio silenzioso agisce
nell’essere umano quasi inaspettatamente, non presuppone una tempra guerriera,
non si staglia sulla scena per mostrarsi nella luce, non si aspetta ricompensa,
neppure quella, postuma, del racconto esaltante.
Questo
coraggio agisce in forma sottomessa, agisce anch’esso per un’urgenza
ineludibile, ma non pretende riconoscenza, non attende un ringraziamento, colui
o colei che lo attuano lo fanno per necessità, una necessità che ha a che fare
con la profondità dell’umano che è in noi, a cui è perfino difficile dare una
spiegazione.
Parole
come compassione, solidarietà, altruismo, amore, carità, bontà, cercano di
circoscrivere il mistero umano di quell’atto ma più che altro ne delimitano
solo il valore empatico, perché non ci sono parole che spiegano come
quell’impulso ad agire, nonostante tutto, avvenga in individui che di colpo
“sentono” di dover compiere un gesto per loro improvvisamente “necessario”.
Antigone che, nonostante il divieto della legge di Creonte, va a seppellire il
corpo del fratello, pagando con la morte questa trasgressione, è l’esempio
archetipico di questa forma di coraggio. “Ci sono leggi non scritte,
inviolabili, che esistono da sempre, e nessuno sa dove attinsero splendore”. È
questo splendore di cui parla Antigone quello che vado cercando in questo
spettacolo, quel nocciolo luminoso che trasforma un’esistenza intera in un atto
esemplare, ma silenzioso, luminoso ma vissuto nell’ombra, nel pudore, nella
pura necessità del dover agire. Andrò alla ricerca di cinque narrazioni, cinque
situazioni estreme, ove far illuminare cinque esistenze, che, grazie al
racconto, divengono, in quel luogo effimero e potente che è la scena
teatrale, cinque testimonianze di taciturno coraggio.
Una
struttura drammaturgica semplice, parole e musica che si intrecciano per
restituire la semplicità scandalosa di quegli umani atti di coraggio
silenzioso.
31 gennaio ore 20.30| 1 febbraio ore 19.30
Produzione
Casa degli Alfieri
KOHLHAAS
Tratto dall’opera “Michael Kohlhaas” di Heinrich
von Kleist
Di Marco Baliani e Remo Rostagno
Attore narrante Marco Baliani
Regia Maria Maglietta
La storia
di Kohlhaas è un fatto di cronaca realmente accaduto nella Germania del 1500,
scritto da Heinrich von Kleist in pagine memorabili.
Nel mio
racconto orale è come se avessi aggiunto allo scheletro osseo riconoscibile
della struttura del racconto di Kleist, nervi muscoli e pelle che provengono
non più dall’autore originario ma dalla mia esperienza, teatrale e narrativa,
dal mio mondo di visioni e di poetica. Così ad esempio tutta la metafora sul
cerchio del cuore paragonato al cerchio del recinto dei cavalli, che torna più
volte nella narrazione, come luogo simbolico di un senso della giustizia
umanissimo e concreto, è una mia invenzione, nel senso etimologico del termine,
qualcosa che ho trovato a forza di cercare una mia adesione al racconto di
Kleist.
Così via
via il testo originale si è come andato perdendo e ne nasceva un altro, un work
in progress alla prova di spettatori sempre diversi, anno dopo anno, in spazi
teatrali e non, secondo un procedimento di crescita che ai miei occhi appare
come qualcosa di organico, come mi si formasse tra le mani un organismo vivente
sempre più ricco e differenziato.
Accade
nell’arte del racconto orale che per cercare personaggi interiori occorra
compiere lunghi percorsi, passare attraverso storie di altre storie, sentirsi
stranieri in questo mondo dopo aver tanto peregrinato, fino a trovare quel
punto incandescente capace di generare a sua volta nell’ascoltatore un mondo di
visioni, non necessariamente coincidenti con le mie.
L’arte
sta nel non nominare troppo, nel cogliere il cuore di un’esperienza con pochi
tratti lasciando molto in ombra, molto ancora da compiersi.
Kohlhaas
è la storia di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto,
genera una spirale di violenze sempre più incontrollabili, ma sempre in nome di
un ideale di giustizia naturale e terrena, fino a che il conflitto generatore
dell’intera vicenda, cos’è la giustizia e fino a che punto in nome della
giustizia si può diventare giustizieri, non si risolve tragicamente lasciando
intorno alla figura del protagonista una ambigua aura di possibile eroe del suo
tempo.
Le
domande morali che la vicenda solleva e lascia sospese, mi sembrarono, quando
comincia ad affrontare l’impresa memorabile del racconto, un modo per parlare
degli anni ’70, per parlare di quei conflitti in cui venne a trovarsi la mia
generazione, quella del ’68, quando in nome di un superiore ideale di giustizia
sociale si arrivò a insanguinare piazze e città. In fondo, a voler rivedere
all’indietro il mio percorso artistico, senza Kohlhaas non sarei arrivato a
raccontare Corpo di Stato, racconto teatrale andato in onda in diretta televisiva
la notte del 9 maggio, vent’anni dopo la morte di Moro, a poter ritrovare i
medesimi conflitti, riuscendo questa volta a parlarne dall’interno, come
soggetto coinvolto nei fatti narrati.
Un tema
antico dunque, tragico nella tradizione e nella forma, che continua a
catturarmi, perché il narratore non può che narrare ciò che epicamente lo
coinvolge nell’intera sua persona, a me succede così: non potrei raccontare
qualsiasi cosa.
Marco
Baliani
2 febbraio ore 16.30
Produzione
Casa degli Alfieri
FROLLO
Con Marco Baliani
Di Mario Bianchi e Marco Baliani
Regia Marco Baliani
Frollo è
il nome del protagonista della storia: un bambino impastato di pan pepato che
un giorno si trova a percorrere un’avventura più grande di lui. Il terribile
vorace figlio del Re sta mangiando a pezzetti tutto il paese. Lo si potrà
fermare solo andando alla ricerca di una sostanza magica che può placare la sua
fame.
Frollo
parte e le avventure cominciano. La storia è anche una metafora della nostra
società dei consumi pronta a divorare ogni cosa. Naturalmente c’è anche un po’
di Pinocchio in questo Frollo che alla fine si sbriciola per rinascere bambino,
e c’è anche un po’ di tutti noi nel bambino che si incammina per la sua strada,
andando dritto, girando a destra, girando a sinistra, rivolgendosi chissà dove.
Qui è
davvero all’opera un corpo narrante, in continua metamorfosi, è lo spettacolo
dove ancor più che in Kohlhaas il mio corpo e il mio volto e la mia voce
subiscono un impressionante trasformazione, un cartone animato, un fumetto in
movimento. Nel rivedermi mi è venuta una gran voglia di ripescare tutte quelle
altre fiabe che ho narrato a centinaia di ragazzini scatenati nelle situazioni
più disagiate, alla metà degli anni Ottanta, molto prima che si cominciasse a
parlare di teatro di narrazione. Forse lo farò, tutte in fila, sera dopo sera,
in fondo ormai sono un nonno narrante e magari mi verranno a rivedere quelli
che allora avevano dieci o nove anni. Ormai anche a Kohlhaas ho potuto
conoscere i figli dei miei spettatori giovani di trent’anni fa, li portano a
vedere un reperto fossile che ancora ha un sacco di cose da dire e di energia
da sprecare, e questo fa bene, vedere quanta gioiosa fatica serve per tirar
fuori quell’ora e mezza di racconto.
Alla fine
sarò inzuppato di sudore, già lo so, tre o quattro etti se ne andranno così, ma
vuoi mettere che invece di andare a smagrirmi in una palestra a vogare senza
acqua intorno, senza sentir “biancheggiare le acque con le lisce pale d’abete”
li potrò perdere volando aggrappato al becco di un’aquila possente?
Marco
Baliani
4 febbraio ore 20.30 | 5 febbraio ore 19.30
Produzione
Marche Teatro
TRINCEA
Scritto e interpretato da Marco Baliani
Regia di Maria Maglietta
Scene e costumi Lucio Diana
Immagini e musica Mirto Baliani
Visual design David Loom
Sono
trascorsi cento anni dal primo conflitto mondiale. Ci saranno celebrazioni,
pubblicazioni, conferenze, riflessioni, e altro ancora.
Io vorrei provare a toccare un
piccolo punto di quell’immensa catastrofe, un solo corpo, quello di un
qualsiasi soldato, anonimo, non appartenente ad una precisa nazionalità, e
toccare quel corpo nel luogo più emblematico di quella guerra, la trincea.
Vorrei tentare di essere laggiù,
in quel punto di una trincea di molti anni fa, ed esserci prima di
tutto fisicamente, come corpo, in una forma di mimesi totale, in modo da
essere così immerso nella dimensione dell’orrore e della sua gratuità da
percepire almeno per un istante “il tipo di esistenza” di quel soldato.
Per il soldato in trincea il
tempo si assolutizza in un puro denso presente, un tempo inceppato
nella minuta quotidianità della sopravvivenza, fatto di gesti folli divenuti
normali, di azioni compiute per inerzia, senza speranza di cambiamenti. La
percezione del tempo, impedisce alla parola di farsi discorso, essa gira
in un flusso vegetativo o semidormiente, si etilizza, ubriaca di terrore o di
fame o comunque di mancanze. La narrazione non può più espletarsi in un
flusso temporale lineare, ma viene spezzata, il vivere diviene un
inarrestabile fluire di frammenti, come frammentato appare il Tempo per
chi in ogni istante è sottoposto alla casualità di un morire inutile e atroce.
L’individuo perde la coscienza
della propria individualità, il singolo soldato diviene ingranaggio di
una immensa fabbrica produttrice di morte, è un pezzo di ricambio, un
pezzo di artiglieria fatto di carne umana.
La prima guerra mondiale sperimenta su larga scala una forma di
totale assoggettamento dell’uomo, la sua riduzione ad automa, fantoccio,
cosa.
È da qui,
da quel momento storico che si inaugura in occidente la possibilità di un
controllo biopolitico del corpo umano, in forma industriale, di massa.
Aprendo la strada ai tanti
totalitarismi del terrore del nostro Novecento.
Marco
Baliani
6 e 7 febbraio ore 20.30| 8 febbraio ore 19.30| 9 febbraio ore 16.30
Produzione
Marche Teatro
UNA NOTTE SBAGLIATA
Di e con Marco Baliani
Regia Maria Maglietta
Scene, luci, video Lucio Diana
Paesaggi sonori Mirto Baliani
Costumi Stefania Cempini
Disegni Marco Baliani
Dopo il
successo dello spettacolo Trincea, vorrei sperimentare un’altra tappa
di ricerca di quello che mi piace chiamare teatro di post-narrazione.
Una
narrazione dove il linguaggio orale del racconto non riesce più a dispiegarsi
in un andamento lineare, ma si frantuma, produce loop verbali in cui il Tempo
oscilla, senza obbligati nessi temporali.
Flussi di
parole che prendono strade divaricanti mentre cercano disperatamente di
circoscrivere l’accadimento di quella “notte sbagliata”. Quella manciata
di minuti, che tanto durerebbe nel Reale il puro accadere dell’evento, si
amplifica e diviene big bang di quell’universo di periferia, si espande nelle
teste dei partecipanti all’evento, compreso il cane, risucchiando come un buco
nero anche chi non è lì su quel pratone d’erba polverosa, ma vicino ai cuori e
alle coscienze di chi sta agendo.
Un
turbine linguistico sostenuto da un corpo che agisce l’evento in maniera
performativa, un corpo che si metamorfizza a mano a mano che l’azione prosegue,
con gesti che richiamano le esperienze della body art degli anni Settanta,
marchiando il corpo come fosse la tela dove l’Assurdo si mostra pienamente, al
di là perfino delle parole.
Penso
che oggi la sfida che il teatro deve affrontare stia tutta nel
montaggio drammaturgico, che tenga conto delle nuove percezioni con cui viene
veicolata la realtà, forme comunicative con cui il teatro deve misurarsi
scompaginandone gli statuti. E questo non può che avvenire attraverso visioni
performative, non lineari, dove il dramma viene spezzato da incursioni
continue, dove l’oralità dispersiva della voce prevalga sulla linearità della
scrittura scenica.
Marco
Baliani
Intorno alla personale di Milano
INCONTRI E ALTRI APPUNTAMENTI
INCONTRI E ALTRI APPUNTAMENTI
LUNEDÌ 3 FEBBRAIO ORE 18
TEATRO MENOTTI
SMONTAGGIO DRAMMATURGICO DI KOHLHAAS
Una lezione di e con Marco Baliani
Dopo trenta anni dalla
sua prima rappresentazione, voglio provare a narrare la genesi delle immagini
di cui Kohlhaas è
composto, una sorta di lezione, a metà tra viaggio e racconto, che parla
dell’arte del narrare, uno smontaggio in diretta dell’opera, uno svelamento di
segreti.
Marco Baliani
Le domande morali che
la vicenda solleva e lascia sospese (cos’è la giustizia, quella umana e quella
divina, come può un individuo ricomporre l’ingiustizia) furono, fin
dall’inizio, un modo per parlare degli anni ’70 e di quei conflitti in cui
venne a trovarsi la generazione di Baliani, quando in nome di un superiore
ideale di giustizia sociale si arrivò ad insanguinare piazze e città. Nel corso
della lezione, nell’ambito della prima personale a lui dedicata, Marco Baliani
smonta l’intero spettacolo di Kohlhaas mostrando il suo metodo di lavoro per
affrontare un testo, le tecniche, le dinamiche che danno vita a uno spettacolo
di narrazione. Si tratta di un percorso concreto, completamente da esplorare,
da indagare, su cui provarsi al confronto con il nostro essere di oggi, col
nostro vivere
INGRESSO LIBERO
MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO, ORE 17
TEATRO MENOTTI
TEATRO MENOTTI
FILOSOFIA E TEATRO
A cura di Associazione Culturale Ateatro
Romano Madera con Marco Baliani
Romano Madera con Marco Baliani
Incontro condotto da Oliviero Ponte di Pino.
In collaborazione con il Teatro Menotti
In collaborazione con il Teatro Menotti
Il gioco di specchi tra teatro e filosofia dura da
2500 anni. Questo dialogo può continuare a illuminare il nostro rapporto con la
realtà. Cosa significa oggi agire la nostra storia individuale e collettiva
sulla scena e nella vita, e costruire la nostra identità? Come sta cambiando il
significato di termini come “maschera”, “persona”, “ruolo”? In occasione del
Focus a lui dedicato, Marco Baliani dialoga su questi temi con Romano Màdera.
Romano Madera, filosofo e psicanalista di formazione jungiana, fondatore di Philo-Pratiche filosoche, professore emerito all’Università di Milano Bicocca.
Marco Baliani, scrittore, regista, attore, è creatore e protagonista di lavori come Kohlhaas, Corpo di Stato, Tracce, che si possono vedere nel Focus al Teatro Menotti.
BIGLIETTERIA
PREZZI
·
15.00 € + 1.50 € prevendita
ABBONAMENTO 7 SPETTACOLI
·
70.00 €
TEATRO MENOTTI
ORARI BIGLIETTERIA
Dal lunedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Domenica ore 14.30 | 16.00 solo nei giorni di spettacolo
Acquisti online
ORARI SPETTACOLI
Martedì, giovedì e
venerdì ore 20.30
Mercoledì e sabato
ore 19.30 (salvo diverse indicazioni)
Domenica ore 16.30
Lunedì riposo
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